Caro don Gianni, ho letto la tua lettera e ne ho molto apprezzato i contenuti, non perché volessi indugiare nella contemplazione di un fenomeno preoccupante, ma per la grande umanità e la speranza che la tua riflessione induce, come la luce che filtra forte dalle fessure di una porta.
Non parliamo di un'abitudine come un'altra, destinata a passare come gli anni, ma del dilagante fenomeno dell'alcolismo tra i giovani. E non di un fenomeno che riguarda solo zone limitate, ma di qualcosa che viaggia rapido oltre le frontiere, con la facilità cui ci abitua ogni giorno la tecnologia.
Vediamo giovani con una bottiglia in mano in molte città italiane ed estere: singoli, gruppi, una distesa che al tempo stesso è e rappresenta la società moderna. Non basta un colpo d'occhio per vedere o capire, come tu stesso dici, quando parli del dolore che hai provato. Non basta tirare fuori dal cilindro le colpe reali o presunte degli uni e degli altri, l'esempio non dato dagli adulti, il dialogo che non nasce causa shopping.
È un fenomeno complesso, con molte e diverse cause dietro di sé. "Organizzar e transumanar", diceva Pasolini. La nostra società è popolata di gesti virtuali, mancanti della consistenza dell'azione in prima persona. Forse questa "facilità diffusa" intorpidisce, differisce le decisioni, diffonde quella temperatura confortevole che asciuga bisogni e prosciuga la capacità di sognare un obiettivo da costruire con impegno e fatica. Si beve di sera non per lo svago che segue il giorno, ma in una condizione "offline". Non credo esistano untori che portano i nostri ragazzi sulla cattiva strada. Forse ci sono "effetti collaterali" da conoscere ed evitare. Per esempio possiamo non abusare di strumenti tecnologici, la cui potenza riduce l'impegno richiesto agli utenti. Ma non vorrei parlare soltanto in astratto. L'alcolismo è un fenomeno da contrastare in concreto. Tralascio di ricordare le polemiche che avevano accompagnato alcuni precedenti provvedimenti della mia Amministrazione, come certe limitazioni nella vendita degli alcolici, con particolare riferimento ai contenitori di vetro fuori dai locali.
Ritengo che quei provvedimenti fossero giusti, forse non sufficienti. È il motivo per cui mi appresto ad emettere una nuova ordinanza, in virtù della quale dall'una alle sette del mattino è vietato a chiunque il consumo di bevande alcoliche in aree pubbliche, come giardini, parchi, piazze, strade, fatta eccezione per le superfici di somministrazione autorizzate. Intanto è stata predisposta una delibera di indirizzo, in virtù della quale il Comune non concederà più il patrocinio e contributi alle iniziative che incentivino l'uso dell'alcol, tranne che non si tratti di manifestazioni di nicchia, diverse da quelle adunate in cui si possano ricreare le stesse situazioni spiacevoli nei luoghi pubblici, con distesa di bottiglie da raccogliere, al termine delle iniziative stesse.
Con questo non temiamo di agire sugli effetti tralasciando le cause. La quiete pubblica è un bene primario, da tutelare senza indugi. Pensiamo inoltre che il meccanismo del consumo di alcol vada fermato. Semplicemente, non vogliamo più vedere quello che anche tu hai visto, caro don Gianni, o quello che chiunque può vedere su YouTube, che riguarda esterni ed interni di alcuni dei nostri locali. Scene che debbono farci riflettere e soprattutto preoccupare.
Gli spazi in cui non si potrà bere sono luoghi pubblici, deputati alle relazioni umane, e non all'autismo dell'alcol. Da alcuni mesi abbiamo inoltre coordinato controlli sistematici sulle strade tra tutte le forze dell'ordine, che effettuano verifiche mediante etilometro e ritirano patenti in caso di guida in stato di ebbrezza.
Il Comune, in particolare, ha rafforzato l'organico della Polizia municipale, disponendo turni anche in ore notturne (in particolare nei fine settimane), presidiando il territorio in maniera più efficace, in estate come in inverno. Anche l'assessorato alle Politiche della città solidale ha promosso diverse iniziative sulla sicurezza in generale, e l'alcolismo in particolare. Infatti, se è dilagante l'uso dell'alcol, è straripante l'abuso delle sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, che sta invadendo la nostra città.
Una sostanza che viene percepita quasi come una "non-droga", mentre gli effetti sui neuroni è devastante, e ci consegna una generazione fragile. Ma il Comune da solo non può farcela. Abbiamo bisogno di un'azione coordinata tra il pubblico, le associazioni, le parrocchie, e le famiglie. Occorre che queste ultime non subiscano e accettino passivamente tali riti, di figli che vivono di notte, e la domenica prendono contatti con il mondo esterno alle 13, alle 14 o più tardi ancora.
C'è bisogno anche di una vigilanza da parte della famiglia, pure in una clima favorito dal pubblico. Noi ci faremo interpreti, presso le associazioni di categoria, della opportunità di rivedere gli orari di apertura dei locali. Alle associazioni chiediamo un'assunzione di responsabilità in questo senso. La fermezza dei no è la certezza delle regole, che dobbiamo apprezzare come una strada che percorriamo, e non percepire come il limite ad uno slancio senza punti di riferimento.
Rinunciare alla bottiglia non è un divieto, ma la proposta che facciamo ai nostri giovani, di vivere diversamente il proprio tempo, o più intensamente le proprie giornate, senza per forza scavare buche di notte, da riempire ad ogni costo.
Caro don Gianni, speriamo che questo vento che si comincia a respirare, questo sogno che riprende piede di un mondo migliore, possa arrivare in fretta anche da noi, e coinvolgere anche le giovani generazioni. I giovani passino da un vuoto da riempire, alla costruzione di un mondo migliore, visto che tanti ne hanno bisogno, e aspettano.