La locandina del film
Cineforum "B. Keaton"
Hugo Cabret è la storia di un ragazzino orfano che vive in una stazione ferroviaria parigina negli anni '30. Dopo essersi imbattuto in un macchinario da ricostruire, Hugo entrerà in contatto con un misterioso gestore di un negozio di giocattoli, finendo risucchiato in una magica avventura. Adattamento del romanzo per ragazzi La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick.
Alla fine della storia (e della proiezione) non hai dubbi: cinema e vita non possono che andare a braccetto, perché uno senza l'altra non hanno ragione di esistere. La vita senza sogni (e il cinema è la forma che prendono i sogni, nel film lo dicono più di una volta) rischia di essere una triste e frustrante esperienza, schiacciata dal grigiore quotidiano. Ma il cinema senza la vita (e la gioia) di chi l'ha fatto e di chi lo guarda, finisce per essere un reperto da museo, una scatola chiusa conservata dentro un cassetto. Un «messaggio» che però ha bisogno almeno di un'altra condizione per realizzarsi, quella di mettere in rapporto generazioni diverse, vecchie e giovani. Come nonno Georges e l'adolescente Hugo.
Georges è Méliès (Ben Kingsley), il padre del cinema insieme ai Lumière, che nel film incontriamo nel 1931, deluso e dimenticato, proprietario nella Gare Montparnasse di Parigi di un negozietto di giocattoli meccanici che lui stesso costruisce. Il giovane è Hugo Cabret (Asa Butterfield, straordinariamente ben scelto) che vive solo nei meandri della stazione occupandosi dei suoi tanti orologi ferroviari, prima come aiutante di uno zio ubriacone e poi, quando l'uomo sparisce, attento a non farsi prendere da un baffuto e inflessibile ispettore (Sacha Baron Cohen) che spedisce tutti i bambini soli in orfanotrofio [...]
i due temi forti di Scorsese - la sfida del singolo per trovare un posto tra gli uomini e l'amore per il cinema come lente di ingrandimento per capire la realtà - ci sono entrambi in questo Hugo Cabret [...]
Ma la forza e la bellezza di questo film (e la sua capacità di commuovere, anche) non stanno nel piacere di ritrovare le tantissime citazioni che il cinefilo Scorsese lascia cadere nel film. Il vero messaggio che sembra volerci mandare è quello di una «innocenza della visione» che va riconquistata e ritrovata ogni volta [...]
Alla storia (sceneggiata da John Logan), il regista ha aggiunto l'utilizzo di un 3D finalmente creativo (era dai tempi di Avatar e Coraline che non succedeva più), capace per una volta di far entrare lo spettatore nei «meccanismi» del mondo, oltre che della gare Montparnasse. Ma soprattutto ha saputo iniettargli quell'idea di cinema come passione e come vita che solo un regista eternamente «bambino» come lui sa trovare. E che anche gli spettatori possono riconquistare: basta che gli affidino con fiducia i propri cuori.