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A tre anni di distanza dai fatti di Jurassic World, Isla Nublar sta per essere sommersa da lava vulcanica. Il governo deve decidere se salvare i dinosauri superstiti che la popolano o se lasciare che la natura faccia il suo corso. Eli Mills propone a Claire di coinvolgere Owen per una missione di salvataggio, che recuperi anche il Raptor super-intelligente Blue.
Dopo 25 anni l'inverosimile espediente che ha dato vita al bestseller di Crichton e alla celeberrima serie sulle lucertole terribili trova infine un suo inatteso senso ultimo nel quinto capitolo (o secondo di una nuova trilogia, a seconda dei punti di vista).
Sostituirsi a Dio, dare la vita, correggere l'andamento del destino o della storia. Che però torna implacabile a ripetersi, con variazioni minime. I dinosauri hanno così di nuovo a che fare con una calamità naturale, che sembrerebbe voler riportare equilibrio.
Che si tratti di punizione divina o di compensazione scientifica - così la vede Jeff Goldblum/Dr Malcolm, già nel capostipite spielberghiano della serie Jurassic Park - ha poca importanza.
Su questo punto Juan Antonio Bayona, autore di talento che dà prova di resistenza di fronte alla normalizzazione da blockbuster, costruisce il suo "mondo Giurassico". Che è anche il primo a potersi finalmente definire tale, per ragioni impossibili da svelare senza ricorrere a spoiler. Il lascito di Colin Trevorrow, regista del precedente Jurassic World, è una sceneggiatura farraginosa e ricca di spunti timidamente abbozzati, che Bayona prova a reinventare in base alla propria peculiare sensibilità. Trasportando i dinosauri dalla loro isola, dal loro "mondo perduto", nel più classico dei manieri gotici, il regista spagnolo ritrova la propria dimensione ideale.
Il rettile gigante a caccia dei superstiti umani finisce così per assomigliare più all'Alien di Ridley Scott che a Godzilla, lavorando in spazi angusti e trasformando cunicoli, anfratti e l'immancabile cameretta in scenari di paure freudiane e traumi infantili. Il dinosauro come essere superiore nella scala evolutiva anziché inferiore, quasi si trattasse del prossimo anello della catena anziché del primo, obsoleto e arrugginito.
E alla luce del principale spunto narrativo, svelato nel climax ma poi lasciato incompiuto, c'è molto più di quanto sembri ad accomunare vittima e carnefice: bimba e babau sono connessi a un livello profondo e invisibile, quasi che il vero predecessore fosse il recente Sette minuti dopo la mezzanotte, diretto dallo stesso J.A. Bayona. Nonostante le difficoltà di uno script claudicante e spesso convenzionale, quindi, un coraggioso tentativo di reinvenzione autoriale, che sa intrattenere ed apre a scenari inattesi per il prosieguo della saga.