La locandina del film
Cineforum S.B.T. Buster Keaton
Bruno (Fabrizio Bentivoglio), un docente che ha lasciato l'insegnamento per inseguire il sogno di divenire scrittore, si ritrova a scrivere piccole biografie di personaggi famosi e a dare lezioni private a studenti svogliati, come l'inquieto Luca (Filippo Scicchitano), quindicenne romano, cresciuto dalla madre senza aver conosciuto il vero padre.
Un colpo quasi perfetto. Roma è uno sfondo che respira in continuazione, nei suoni, nei rumori del traffico, in questo felice esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Francesco Bruni (abituale collaboratore soprattutto di Paolo Virzì). Scialla! è l'esempio di un cinema italiano che crede nelle evoluzioni delle storie, nei personaggi, dove la scrittura è marcata e trasparente, capace di sottolineare gli scarti sociali e quel divario tra ambizione e frustrazione che accomuna il personaggio di Bruno Beltrame (in cui Fabrizio Bentivoglio è particolarmente ispirato) a quello di Sergio Castellitto in Caterina va in città. Bruno è uno scrittore che da tempo vive ai margini e utilizza le residue energie soprattutto a scrivere le biografie degli altri. Tra gli studenti che vanno a ripetizione da lui c'è il quindicenne Luca, tanto svogliato quanto vitale. Ma un giorno la madre del ragazzo gli rivela qualcosa che lui non avrebbe mai immaginato. Scialla! (termine romano che significa "tranquillo", "non ti agitare"), corre, si ferma e riparte, segue le ondivaghe velocità dei due protagonisti. Un rapporto segnato dal segreto del loro rapporto, rivelato allo spettatore ma nascosto al ragazzo, fatto di rivelazioni, di continue ricerche di complicità. Ma anche un viaggio in diversi ambienti, dal perfetto figlio della pornostar, alla palestra, al sottobosco della malavita, con un momento di abbandono in cui Luca cammina da solo per strada, tra sfrontatezza e paura, altro segno dirompente di un cinema che vuole rompere gli argini di un facile minimalismo e che smaschera e fa sembrare vecchi anni luce quegli esordi che erano definiti alla fine degli anni '80 tanto carini tipo Mignon è partita della Archibugi. Un cinema fatto anche di facce, di percorsi soggettivi (il sole in faccia sul ragazzo), che sa raccontare desideri e turbamenti, che racchiude squarci urbani anche in un muro con la telefonata di Luca e la persona che guarda, con dialoghi vivacissimi e anche fuori dal comune.