la copertina del libro
L'isola degli ignoti è la storia di un viaggio, di un viaggio particolare nel quale i protagonisti (l'autore è un vecchio pescatore), spinti dal desiderio irrefrenabile di raggiungere un'isola che inspiegabilmente, un mattino, appare loro all'orizzonte, entrano in una dimensione 'altra', in un territorio fuori dalle abituali coordinate spaziotemporali, dominato da regole al di là della logica e del senso comune, oltre i limiti imposti al pensiero dalla ragione.
L' incontro con gli strani abitanti dell'isola, le lunghe conversazioni con loro, la conoscenza del loro modo di vivere, tutto ciò obbligherà il protagonista ad una radicale riconsiderazione delle proprie convinzioni e ad una progressiva trasformazione interiore che nelle ultime pagine del libro acquista un significato e un senso particolare.
Ricorrendo ad una metafora dagli illustri precedenti letterari, Giuseppe Romani descrive così le tappe del proprio percorso spirituale che lo ha condotto a superare le barriere nebbiose dell'intelletto e ad aprirsi gradualmente ad una visione inedita. Colpisce, tuttavia, nel libro il fatto che tale percorso sia caratterizzato non dalla rinuncia all'uso della ragione - in virtù di un'adesione acritica e fideistica ad una dottrina confessionale - ma dal costante richiamo ad un impiego differente del pensiero e delle sue risorse, alla necessità, cioè, di utilizzare lo strumento della ragione da una prospettiva diversa, dalla quale risulti possibile inquadrare le stesse questioni ma da un'angolatura completamente nuova e feconda di suggestioni sconosciute. Ciò che ne risulta è un cammino di conversione, o, forse meglio, di riconversione ad una fede non gravata da credenze e luoghi comuni, che non rinuncia al dono dell'intelletto e che, anzi, proprio su questo si edifica e si rinforza.